(in Rivista diritto dello sport, 1999, 341) di FRANCESCO DI CIOMMO

TRIBUNAL D’APPEL INTERNATIONAL F.I.A.; decisione del 18 gennaio 1999; Pres. ROSMALEN (Paesi Bassi) – Commissione Sportiva Automobilistica Italiana (avv. Causo), per conto di CRG s.r.l. e Gianniberti (avv. Coccia, Bartolucci), avverso pronuncia 14 ottobre 1998 del Consiglio Federale della Federazione Auto Motoristica Sammarinese -FAMS-.

Kart – Giurisdizione d’appello – Consiglio federale – Incompetenza – Mancata audizione dei ricorrenti – Sentenza – Irregolarità della sottoscrizione – Nullità (Codice sportivo internazionale F.I.A., artt. 180, 186, 187)
Kart – Decisioni dei commissari sportivi – Mancata audizione di ricorrenti e direttore di gara – Nullità (Codice sportivo internazionale F.I.A., artt. 174-e, 175)
Kart – Pista non conforme al regolamento internazionale – Annullamento della prova – Omologazione – Irrilevanza

E’ affetta da nullità assoluta la pronuncia con cui il Consiglio Federale della FAMS ha respinto il ricorso proposto contro le decisioni dei commissari sportivi del Trofeo di San Marino di karting, in quanto l’art. 180 C.S.I.-F.I.A. dispone che la giurisdizione sia necessariamente di un tribunale d’appello nazionale definito ai sensi dell’art. 187; in quanto non è stato rispettato il diritto dei ricorrenti di essere convocati e produrre prove testimoniali; ed, infine, in quanto la decisione non menziona il nome dei giudici, né risulta firmata correttamente. (1)
Sono nulle le decisioni adottate dai commissari sportivi se dagli atti non risulta la preventiva audizione, dei reclamanti e del direttore della corsa, prevista dagli artt. 174-e e 175 C.S.I.-F.I.A.. (2)
Va annullata la corsa svolta su pista non conforme alla regolamentazione internazionale, indipendentemente dal fatto che tale pista fosse stata omologata. (3)
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Commento di F. Di Ciommo

Pista pericolosa e astensione dalla corsa di quasi tutti i piloti iscritti: l’omologazione non impedisce l’annullamento della gara.

1. – La pronuncia in epigrafe si candida ad essere un leading case nell’economia del contenzioso riguardante i rapporti (non sempre facili) tra alcune federazioni sportive (quelle che si occupano di kart, moto, auto, bici, equitazione e quant’altro, di terra e di acqua, implichi un’attività la cui pericolosità dipenda anche dalle condizioni dell’ambiente di gara) e i propri atleti, considerato che, nel caso in rassegna, una pista di karting, pur omologata dai commissari della federazione internazionale, viene riconosciuta, dal tribunale d’appello della stessa federazione, inadatta e pericolosa, cosicché la gara svolta viene annullata. Tanti e diversi sono i motivi, di natura processuale e sostanziale, che suggeriscono un vaglio attento della decisione, imponendo, in primis, un breve riepilogo della complessa vicenda.

2. – Durante le prove libere del Trofeo di San Marino “Memorial Silvio Cenci”, disputatosi sul circuito “Enzo e Dino Ferrari” di Imola nei giorni 12-14 giugno 1998, alcuni concorrenti ed alcuni piloti formulavano (alla Federazione Auto Motoristica Sammarinese – FAMS – ed ai commissari sportivi della FMK) rilievi, prima verbali poi scritti, in ordine alla pericolosità del percorso, deducendo che: 1) la larghezza della pista era inferiore al minimo previsto dall’art. 44 del Regolamento Internazionale Karting della FMK; 2) le protezioni erano insufficienti a tutelare i piloti (ed in contrasto, perciò, con l’art. 46 del suddetto regolamento); 3) le curve non risultavano sicure; e 4) l’assenza di vie di fuga, lungo il rettilineo che immetteva ai box, comportava gravi rischi. Tale iniziativa non sortiva conseguenze. Inoltre, durante le prove ufficiali del 12 giugno si registravano due incidenti che imponevano ad altrettanti piloti il ritiro dalla competizione. I concorrenti, dunque, chiedevano ai commissari di poter visionare il rapporto di omologazione della FMK, ma questi ultimi negavano la presenza di irregolarità, nonché il diritto dei concorrenti di controllare tale rapporto. Ad ogni modo, venivano apportate alcune modifiche al circuito, in accoglimento parziale dei rilievi formulati. Anche tali accorgimenti, tuttavia, non bastavano – secondo i piloti – a garantire la sicurezza necessaria, per cui la mattina del 13 giugno, durante le prove di qualificazione, si ritiravano tutti i 53 concorrenti della Formula Super A e 57 su 76 iscritti alla Formula A (tra i ritirati, peraltro, comparivano i piloti che occupavano le primissime posizioni della classifica generale del campionato europeo). Il Trofeo si svolgeva, così, soltanto per la Formula A e si concludeva con soli 11 partecipanti classificati.
Rebus sic stantibus, alcuni concorrenti proponevano ricorso alla FAMS, contestando le decisioni dei giudici di gara, per ottenere l’annullamento della prova e la revoca dei punti distribuiti ai fini della classifica generale del campionato europeo di karting. La FAMS, che, in qualità di autorità nazionale, – ai sensi del combinato disposto degli artt. 180, 1° e 2° comma, e 187 del Codice sportivo internazionale FIA – avrebbe dovuto nominare un tribunale della Repubblica di San Marino per la risoluzione della controversia, invece che costituire detto tribunale, investiva il suo Consiglio Federale della funzione giurisdizionale, in tal modo – secondo i ricorrenti – ledendo il principio di imparzialità dei giudici ed inoltre violando, attraverso una procedura istruttoria di cui si dà ampiamente conto nel provvedimento in rassegna, l’obbligo di garantire il contraddittorio sancito all’art. 186 dello stesso Codice sportivo (cfr. LUISO, La giustizia sportiva, Milano, 1975; MAZZELLA, La giustizia sportiva nel pluralismo delle autonomie, in Riv. dir. sport., 1993, 1; MODUGNO, Giustizia e sport: problemi generali, ibid., 327; LUISO, Giustizia sportiva, in Digesto civ., Torino, 1993, IX; nonché COCCIA, Fenomenologia della controversia giuridica e dei suoi modi di risoluzione, in Riv. dir. sport., 1997, 605).

3. – Sui fatti e le questioni giuridiche fin qui riassunti interviene, con la pronuncia in epigrafe, il Tribunale Internazionale d’Appello della Federazione Internazionale dell’Automobile (T.A.I.-F.I.A) per decidere sul ricorso proposto contro la decisione del Consiglio Federale della FAMS.
In accoglimento dell’istanza, il tribunale parigino afferma: 1) la nullità assoluta della decisione del Consiglio Federale sopracitato, in quanto presa in carenza di poteri giurisdizionali ed in assenza di contraddittorio, nonché priva di firma valida ad individuare l’organo deliberante; 2) la nullità delle decisioni dei commissari sportivi, in quanto adottate senza menzionare la preventiva audizione dei concorrenti, senza dare a questi ultimi la possibilità di produrre testimoni, ed inoltre senza ascoltare il direttore della prova. Decide, dunque, di avocare a sé la causa e di pronunciarsi direttamente sui ricorsi riguardanti la conformità della pista alla normativa internazionale, problema rispetto al quale la corte – dopo aver significato che la questione non concerne direttamente l’omologazione – dichiara provata la non conformità del circuito al regolamento internazionale della FMK.

4. – Le puntuali riflessioni svolte in sentenza consentono di non indugiare oltre sui punti passati in rassegna dai giudici di Parigi e sulle soluzioni da questi adottate – che, per inciso, appaiono pienamente condivisibili –, se non per indicare due profili di sicuro interesse.
Il primo di tali profili, rimasto peraltro estraneo alla pronuncia in commento, riguarda la liceità dell’atteggiamento dei piloti che si sono rifiutati di gareggiare e si sono ritirati dalla prova. Al fine di approfondire tale questione, bisogna fare una breve digressione. La Cassazione italiana (sentenza 20 febbraio 1997, n. 1564, id., 1997, 229, con nota di DE MARZO) – chiamata a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta da un motociclista nei confronti del Motoclub che aveva organizzato la gara di sidercross nella quale questi aveva subito un incidente da lui attribuito alla polvere sollevatasi a causa del mancato trattamento della pista – ha stabilito, per altro recependo un indirizzo giurisprudenziale piuttosto consolidato, che: «poiché l’attività agonistica implica, da parte di coloro che vi partecipano, l’accettazione del rischio dei danni rientranti nell’alea normale del gioco, gli organizzatori, al fine di sottrarsi alla pretesa risarcitoria avanzata nei loro confronti, hanno il solo onere di dimostrare che hanno predisposto le normali cautele atte a contenere il suddetto rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva» (cfr., in senso parzialmente difforme, Trib. Genova, 3 maggio 1989, nonché App. Genova, 4 settembre 1991, id., 1992, 79, con nota di DE MARZO).
Ciò induce a ritenere – come la dottrina non ha mancato di sottolineare – che l’attività dell’organizzatore possa essere qualificata come pericolosa solo nei confronti degli spettatori, con conseguente applicazione del regime di responsabilità di cui all’art. 2050 c.c. (v. DE MARZO, Responsabilità civile dell’organizzatore di competizioni sportive nei confronti degli spettatori: clausola generale di responsabilità e art. 2050 c.c., ibid., 268); mentre i partecipanti alla competizione, in quanto assumono (ovvero, secondo una diversa ricostruzione, accettano; cfr., anche per ulteriore bibliografia, PEDRAZZI, Consenso dell’avente diritto, in Enciclopedia dir., Milano, 1961, 146) il rischio a questa connesso, non potrebbero invocare l’applicazione della citata disposizione (cfr. BONASI BENUCCI, Il rischio sportivo, in Riv. dir. sport., 1955, 422; PASCASIO, Sul rischio sportivo, id., 1961, 75; TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961; COMPORTI, Esposizione al pericolo e responsabilità civile, Napoli, 1965, 306; BONVICINI, La responsabilità civile, I, Milano, 1971, 439; DINI, L’organizzatore e le competizioni: limiti della responsabilità, in Riv. dir. sport., 1971, 417; PONZANELLI, Le clausole di esonero della responsabilità civile, Milano, 1974, 277; BUSNELLI e PONZANELLI, Rischio sportivo e responsabilità civile, in Resp. civ. e prev., 1984, 283; FRATTAROLO, La responsabilità civile per le attività sportive, Milano, 1984; ALPA, La responsabilità civile in generale e nell’attività sportiva, in Riv. dir. sport., 1984, 471; B. e F. PAGLIARA, Rilevanza della responsabilità civile nello sport, in Dir. e prat. ass., 1990, 66; CONRADO, Ordinamento giuridico sportivo e responsabilità dell’organizzatore di una manifestazione sportiva, in Riv. dir. sport, 1991, 12; DE MARZO, Accettazione del rischio e responsabilità sportiva, id., 1992, 8; FARINA, Organizzazione di manifestazioni sportive e responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento, ibid., 312; FRANZONI, Fatti illeciti, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, 486; VIDIRI, La responsabilità civile nell’esercizio delle attività sportive, in Giust. civ., 1994, II, 199; CHINE’, «Con la neve alta così»: di sci, impianti di risalita e responsabilità civile, in Riv. dir. sport., 1995, 551; SCIALOJA, Responsabilità sportiva, in Digesto civ., Torino, 1998, XVII; FRAU, La r.c. sportiva, in P. Cendon (a cura di), La responsabilità civile, X, Torino, 1998, 307; DI NELLA, Il fenomeno sportivo nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1999, 257; BEGHINI, L’illecito civile e penale sportivo, Padova, 1999, 102).
Alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale cui si è accennato, appare comprensibile l’atteggiamento assunto, nel caso in rassegna, dai piloti che si sono rifiutati di partecipare alla gara. Così facendo essi hanno esercitato il proprio diritto a non assumere rischi ulteriori rispetto a quelli inevitabilmente connessi all’esercizio della loro attività. In tale astensione – che, alla luce della problematica qui riassunta e delle soluzioni proposte, va qualificata come atto negoziale – non possono ravvisarsi gli estremi di una condotta illecita ovvero di un inadempimento contrattuale (anche nel caso in cui, ad esempio, il ritiro del pilota non fosse gradito dalla sua squadra). Ciò in quanto, rovesciando i termini della questione, se i corridori fossero obbligati a gareggiare, nell’adempimento di tale obbligo non potrebbe intravedersi alcuna assunzione del rischio-incidente, mentre – come detto – la giurisprudenza ritiene che la partecipazione alla gara implichi l’accettazione de qua e, dunque, sia atto libero e non atto dovuto.
Tali considerazioni inducono a considerare illegittima la disposizione del regolamento internazionale della FMK ai sensi della quale i concorrenti (ma non i piloti), una volta che si siano iscritti al campionato – e ciò avviene necessariamente all’inizio dell’anno agonistico –, sarebbero contrattualmente obbligati a partecipare a tutte le singole gare di cui la manifestazione è composta. Infatti, atteso che alla data dell’iscrizione non è possibile controllare la conformità delle singole piste (anche perché, per lo più, le gare di kart si corrono su circuiti, ideati per le automobili, che vengono per l’occasione, di volta in volta, adattati), non è dato ritenere che in quel momento, ed attraverso quell’atto, venga assunto un pericolo che non è ancora valutabile. E ciò anche a voler sostenere che l’iscrizione contenga una mera clausola di esonero della responsabilità dell’organizzatore, in quanto quest’ultima sarebbe nulla per contrasto con l’art. 1229, comma 2, c.c. (v. CHINE’, cit., 597; nonché VIDIRI, cit., 207).
Il regolamento della FMK è, dunque, censurabile nella misura in cui dichiara obbligatoria un’attività che mette a repentaglio l’incolumità fisica del pilota senza che questi abbia manifestato una valida accettazione del rischio. Del resto, va precisato che tale accettazione non deve provenire dal concorrente (che può anche essere una persona giuridica: alias la scuderia), bensì dal pilota, in quanto questi rischia in prima persona di patire danni fisici, laddove il mero concorrente può temere solo danni economici (la distruzione del veicolo). Anche in virtù di tal’ultima considerazione, dunque, l’iscrizione (poiché effettuata dal concorrente) si palesa assolutamente inidonea a valere come assunzione del rischio e dunque insufficiente a determinare l’obbligo di partecipazione dei piloti alle singole gare. Il discorso vale, altresì, nel caso in cui il pilota sia pure concorrente (ciò avviene quando il pilota si iscrive come persona fisica); in quanto, se è possibile assumere contrattualmente, all’atto di iscrizione, il rischio patrimoniale connesso alla posizione di concorrente, ciò non è consentito per quanto concerne l’integrità fisica. Anche il pilota-concorrente, perciò, potrà legittimamente rifiutarsi di partecipare alla gara ogniqualvolta ritenga che, a causa dei diversi fattori ambientali, il rischio sia superiore a quello normalmente insito nell’attività sportiva in questione.
A margine della riflessione appena condotta, giova dar conto della recente abolizione della FMK (disposta dalla F.I.A. con relativa assunzione delle competenze), onde rilevare la consequenziale, necessaria, prossima revisione della normativa regolamentare internazionale concernente il karting, dalla quale è ragionevole attendersi, in quanto auspicabile, una maggiore attenzione per la problematica concernente il diritto dei piloti, in determinate circostanze, a non partecipare alla gara. E ciò anche in virtù del fatto che in tale astensione è riscontrabile una forma di protesta dalle potenzialità ancora inesplorate.

5. – Il secondo profilo di sicuro interesse, rilevabile nella pronuncia in rassegna, concerne la novità rappresentata dall’annullamento di una competizione per inadeguatezza dell’ambiente di gara, pur in presenza di omologa federale ed anzi indipendentemente da quest’ultima.
Il tribunale parigino abilmente schiva il problema costituito dalla non sindacabilità della omologazione in sede diversa da quella amministrativa (i ricorrenti avevano, infatti, chiesto che si accertasse la divergenza tra lo stato della pista e il verbale di omologazione), poiché – ed id caput est della recente decisione – dichiara che il suo giudizio (conclusosi con l’annullamento della prova) si basa esclusivamente sulla oggettiva non conformità del circuito agli standars di sicurezza imposti dalla normativa internazionale ed è, dunque, indipendente da ogni questione relativa a detta omologazione. In verità, già il tribunale di Rovereto, nella sentenza 5 dicembre 1989 (in Riv. dir. sport., 1990, 498), si era pronunciato per l’irrilevanza dell’omologazione federale in tema di responsabilità dell’organizzatore per danno patito da uno spettatore durante una gara di tamburello. Così come, in caso di incidente occorso ad una velocista durante un meeting di atletica leggera, il tribunale di Genova, prima, e la corte d’appello della stessa città, poi, avevano affermato la responsabilità degli organizzatori (ed in definitiva del C.O.N.I.; cfr. da ultimo, ex multis, BEGHINI, op. cit., 118; CAPRIOLI, L’autonomia delle federazioni sportive nazionali nel diritto privato, Napoli, 1997; PEREZ, Disciplina statale e disciplina sportiva nell’ordinamento dello sport, in Scritti in onore di M.S. Giannini, I, Milano, 1988, 541) rilevando come fosse mancato un controllo sulla sicurezza della pista, avendone i commissari vagliato esclusivamente l’idoneità tecnico-sportiva (v. Trib. Genova, 3 maggio 1989, ed Appello Genova, 4 settembre 1991, cit.; v. altresì LAGHEZZA, Caviglia del tennista e responsabilità (per buca nel campo) della società sportiva, nota a Cass. 28 ottobre 1995, n. 11264, in Riv. dir. sport., 1996, 91).
La novità dell’odierna pronuncia, dunque, – posto che il principio dell’ininfluenza della concessa omologazione era stato già affermato in materia di responsabilità aquiliana – consiste nell’aver sancito tale irrilevanza anche ai fini del giudizio sulla invalidità della competizione per irregolarità delle strutture utilizzate ovvero dell’ambiente di gara. Ciò, come anticipato, ha ricadute sicure su tutti gli sport in cui il contesto organizzativo può influire sulla pericolosità dell’attività svolta in modo da determinare un incremento del rischio rispetto a quello comunemente insito in tale attività. Esso, inoltre, implica – in alcuni casi – il riconoscimento di una condotta, omissiva ovvero poco diligente, da parte dei commissari addetti alla omologa; i quali, dunque, sono responsabili, seppure come organi della FMK ed in solido con gli organizzatori della manifestazione, per i danni – anche evenienti dalla perdita di mere chances – arrecati a tutti i concorrenti (ritirati e non) (sul punto, v. DASSI, Sulla lesione da perdita di chance di un corridore automobilistico, in Resp. civ., 1993, 862; nonché, se si vuole, più in generale sulla risarcibilità della perdita di chances, anche per ulteriori riferimenti, DI CIOMMO, Fatto illecito e P.A. (di confini instabili, privilegi declinanti e ricerca di nuovi equilibri), in Danno e resp., 1998, 768).

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